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lunedì 3 maggio 2010

Progetto Backstage - Milano - Focus on Male Style


Milano, 18 marzo 2010. Un aperitivo si trasforma in una sfilata per giovani designer che aspirano ad entrare nel mondo della moda.

Progetto BACKSTAGE nasce un anno fa dall’idea di creare un evento dedicato a nomi emergenti desiderosi di un'occasione per svelare il proprio mondo. Un incontro informale a cadenza stagionale dove per una sera i cancelli dorati del fashion system vengono abbattuti e il sogno sembra toccarsi con mano.
Nob dà l’occasione agli stilisti di dire la loro e vi mostra 3 capi di ogni collezione.
A cura di Leonardo Iuffrida


FRANCA BENTIVOGLIO


Con un piede al di là dei sogni, Franca Bentivoglio nasce a Putignano (Bari) nel 1981. Il suo background è legato al mondo dell'arte. Ha studiato presso la NABA di Milano e per questa occasione ha presentato una collezione ispirata al surrealismo, dove le forme acquistano vite autonome, libere e irrazionali.

Quando è nata la tua passione per la moda?
Credo di aver sempre disegnato. Non saprei dire quando ho cominciato perché non ricordo un periodo della mia vita in cui non l’abbia fatto.
Ho ideato abiti sin da piccola. Ricordo le mie Barbie con tanti abiti che cucivo saccheggiando gli scampoli della zia. A 19 anni , seguendo la mia passione, mi sono trasferita a Milano per studiare ed imparare a far meglio quello che ho sempre amato fare.

Qual è il tuo stilista preferito e perché?
Ogni stilista è speciale ed unico in quello che fa. Mi piace ammirarne le diversità, mi incuriosisce osservarne le creazioni.
In assoluto Armani: semplice nello stile, ma geniale nei tagli e nelle linee.

Tre aggettivi per definire lo stile dei tuoi capi.
Essenziale, distratto, onirico.

Parlaci dell’uomo presentato nella tua collezione al progetto BACKSTAGE.
L’uomo per me prende sempre spunto dalla figura del dandy, non solo nello stile, ma nel modo di essere. I capi sono sobri, ma attenti ai particolari, ai tessuti. L’uomo oggi è attento al proprio stile forse più delle donne. Dovrebbe poter scegliere di vestire con gli stessi tessuti e gli stessi colori, esprimere la sua vanità.

Cosa si dovrebbe fare secondo te per dare spazio ai giovani designer?
La valutazione delle capacità di un designer non può essere valutata sulla base di un curriculum. L’arte non si può spiegare scrivendola, ma mettendola in pratica. I giovani designer dovrebbero avere la possibilità di mettersi in gioco, di tradurre con la pratica quello che sanno fare.
Dovrebbero esserci più occasioni che permettano di misurarsi e più curiosità da parte di esperti nel settore. Il sogno di tanti ragazzi di lavorare nella moda dovrebbe essere percepito come energia creativa e non come manovalanza a basso costo o, peggio, come una “minaccia”.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe continuare a disegnare, creare abiti, “trasformare la mia passione nel mio lavoro”.





GIUSEPPE INVITI


Giuseppe Inviti guarda allo street-style e alla moda vissuta. Nasce a Bari nel 1984 e si trasferisce a Milano dove studia Digital Design allo Ied di Milano. Partendo dalle idee della madre crea t-shirt e capispalla facili da indossare, per chi cerca un nuovo stile e ha un po' di nostalgia nel cuore.

Quando è nata la tua passione per la moda?
Sinceramente non so da quando mi sia venuta questa passione, dipende sempre da quel che intendiamo quando parliamo di moda. La moda non è solo quella che vediamo su grandi giornali e riviste, ci sono anche mode underground sconosciute alla gente. La moda secondo me è differenziarsi e vestire la propria personalità. Io ho iniziato a farlo quando avevo circa 12 anni, assumendo le sembianze di un rapper, passando poi per vari altri generi.
Verso il primo anno delle scuole superiori, iniziai ad avvicinarmi ai grandi marchi, ma senza sapere cosa ci fosse dietro. A scuola facevamo a gara a chi aveva il marchio più grosso o il capo più cool e lo sa solo Dio cosa facevamo per
avere quei capi o quegli occhiali e forse è iniziata lì la mia passione per la moda. Avevo capito che la mia fame per l’innovazione era insaziabile e i mezzi per assecondarli pochi, cosi iniziai a prendere capi di mia madre e a farli ritoccare facendoli apparire come grandi pezzi rari.

Qual è il tuo stilista preferito e perché?
Ho trascorso sia la mia infanzia che il mio presente lavorando, ma mai nel campo della moda e questo mi toglie tanto tempo per informarmi, conoscere. E non so se questo sia sempre un male. La mia risposta potrebbe essere scontata, ma da piccolo quando andavo a scuola in bus in mezzo alle urla dei miei compagni, passavamo sempre d’avanti ad una vetrina di un negozio, forse ai tempi il più chic di Bari, e la mia attenzione veniva richiamata sempre dagli abiti di Chanel.
Ora come ora non saprei dire chi è il mio stilista preferito. Potrei vedere un abito di uno stilista e illuminarmi e provare lo stesso vedendone un altro il giorno successivo. Penso che uno stilista non si distingua solo dai suoi lavori, ma anche dalla sua personalità e dalla forza che ci ha messo per far sì che i suoi lavori diventino storia. Potrei dire Alexander McQueen, per il suo passato e per il suo stile, sia nel creare capi e sia nel presentarli.

Tre aggettivi per definire lo stile dei tuoi capi.
Tradizionale, all’avanguardia e pulito.

Parlaci dell’uomo presentato nella tua collezione al progetto BACKSTAGE.
E’ un uomo con capi semplici da indossare. Non troppi colori, per far sì che si possa distinguere con classe in qualsiasi situazione, dal market ad un aperitivo
di lavoro. Alcuni capi sono privi di tasche perché vorrei che l’uomo imparasse a gesticolare con eleganza, quasi a rafforzare e a dare un senso e un movimento a quel che sta dicendo.

Cosa si dovrebbe fare secondo te per dare spazio ai giovani designer?
In questo campo e in questa città gli spazi sono limitati. Ti tocca scendere a compromessi oppure devi avere una barca di soldi per studiare, fare uno stage e sperare che qualcuno ti prenda. Così in tutto il mondo. Bisognerebbe limitare i costi degli studi, aprire colloqui a gente anche senza un titolo e cercare magari di capire che forse ci sono persone con meno soldi, ma con mille idee in più.
Ma oggi giorno è meglio contare tutto su se stessi, cercando di portare al massimo sulle proprie forze, munendosi di paraocchi e sperando solo nel fato.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Vivere felice.


www.myspace.com/briskicolorz



DANIELE CARAVELLO


Lavoro, ironia e spirito creativo segnano il percorso di Daniele Caravello. Nasce a Messina nel 1984 e ha collezionato un ricco bagaglio di esperienze nel mondo della moda. Attualmente è specializzando all'Accademia di Belle Arti di Brera. I suoi abiti ispirati alla caccia alla volpe, uniscono l'odore di muschio e di erba di una corsa a cavallo con l'energia di un predatore di giovani fanciulle.

Quando è nata la tua passione per la moda?
Da bambino ammiravo mia madre e le sue amiche diventare pazze nel realizzare dei capi da una nota rivista di pronto moda. Io rimanevo lì a guardarle per ore tra i tessuti e i cartamodelli. Da lì scattò una scintilla che si può definire passione.

Qual è il tuo stilista preferito e perché?
Ma senza dubbio Antonio Marras, il suo è uno stile innovativo, riesce a interpretare quello che è la tradizione in maniera poetica.

Tre aggettivi per definire lo stile dei tuoi capi.
Pratici, sorprendenti e ironici.

Parlaci dell’uomo presentato nella tua collezione al progetto BACKSTAGE.
L’uomo in questa collezione (queen’s fox) interpreta il ruolo di cacciatore . E’ un uomo sicuro di sé, dinamico , di classe, ma in chiave molto ironica.

Cosa si dovrebbe fare secondo te per dare spazio ai giovani designer?
Come sappiamo tutti, il settore della moda è un mondo elitario e chiuso. Per noi emergenti è davvero difficile farsi notare. Eventi come progetto backstage sono un inizio. Ci dovrebbero essere più possibilità, e meno eventi dove se non hai almeno una produzione o una vendita già avviata non puoi partecipare (a buon intenditore poche parole).

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno? Una carriera che mi soddisfi e vedere per strada più gente possibile con i miei capi. Il tutto ovviamente supportato dalla serenità.





MADDALENA TRIGGIANI



Nominata stilista ufficiale di Miss Mondo Italia 2010, Maddalena Triggiani nasce a Canosa di Puglia. E' stata uno degli sponsor ufficiali per Andrea e Matteo Zurawski nell’ evento “CASA ITALIA” per le olimpiadi invernali 2010 di Vancouver con la “COLLEZIONE UOMO”. Ma questi sono solo alcuni traguardi che iniziano a diciotto anni, quando si fa notare nel concorso per giovani stilisti della trasmissione “NON E’ LA RAI”, con la prima collezione donna firmata con il suo nome. Per Progetto BACKSTAGE sfila un uomo che porta un debito a Gianni Versace.

Quando è nata la tua passione per la moda?
Questa passione è iniziata da bambina. Mi divertivo a disegnare e cucire i vestiti per le Barbie e quella che da piccola pensavo fosse solo un gioco è diventata la mia professione. La creatività si è evoluta giorno per giorno attraverso la ricerca di forme e materiali e soprattutto con la costruzione e la realizzazione di ogni singolo capo in prima persona.

Qual è il tuo stilista preferito e perché?
Uno dei miei stilisti preferiti è Gianni Versace, perché ha rappresentato nelle sue collezioni uno stile eclettico, accostando per esempio la seta alla pelle, utilizzando la gomma, la maglia di metallo, coniugando sartorialità e portabilità dei capi, dando un impulso alla solita eleganza.

Tre aggettivi per definire lo stile dei tuoi capi.
Couture, innovativo e ricercato.

Parlaci dell’uomo presentato nella tua collezione al progetto BACKSTAGE.
La collezione uomo nasce dalla volontà di creare una forma meno impostata, più fluida e fuori dai soliti schemi rigorosi dell’abito classico. La prima fonte di ispirazione è la musica, fondamentale per le mie collezioni, come anche l’arte e la cinematografia.
Il filo conduttore di questa collezione è l’informalità ed i colori scuri. Declinati nel pantalone di tessuto tecnico accostato alla maglia punto smock, nel pantalone in tessuto per impermeabile con le bande di raso effetto “smoking” insieme alla maglia di jersey spalmato e la “sciarpa” di maglia metallica. Inoltre parte integrante e fondamentale di ogni capo è la vestibilità.

Cosa si dovrebbe fare secondo te per dare spazio ai giovani designer?
Penso che per dare spazio e far emergere i giovani designer si dovrebbero creare più progetti no-profit, che diano la possibilità di presentare le proprie collezioni con una maggiore visibilità.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Col tempo, diventando sempre più “realista”, il sogno nel cassetto è diventato quello di presentare la mia collezione alla fashion week di Milano, un obiettivo molto importante. Però non nascondo che il sogno a cui aspiro da quando ho disegnato il mio primo abito è quello di sfilare all’Haute Couture parigina.


www.maddalenatriggiani.com



Foto di Leonardo Iuffrida e Alessandro Mancarella
o per gentile concessione di Progetto BACKSTAGE

www.progettobackstage.it

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